Gen252024ComunicazioniL’ACCOGLIENZA CHE RIVELA L’ALTRO Le case per ferie verso il Giubileo del 2025 – Roma 25 gennaio 2024 Chi sono – la mia esperienza precedente: l’insegnamento nella scuola per la preparazione di educatrici di scuola dell’infanzia a Mantova; l’accoglienza e l’animazione spirituale in una casa di spiritualità della Congregazione a Vicenza; dal 2018 – con il trasferimento a Roma – il servizio in una piccola casa per ferie situata in zona Parioli nei pressi della LUIS e del Comando Generale dei Carabinieri… Una missione svolta sempre nel contesto di una comunità religiosa ed ecclesiale che ha sempre motivato e sostenuto il mio essere a servizio dell’educazione, della formazione umana, culturale e spirituale, con particolare attenzione alle giovani e a gruppi di laici con i quali condividere il carisma e la missione. Tutto questo mi ha portato fin qua oggi, con il desiderio di continuare ad essere dono – nonostante i limiti che riconosco e non mancano. Ma non mi sento sola, perché sono in cammino “insieme”, “in sinodalità” con fratelli e sorelle [ed ora anche con le religiose del CITS che qui rappresento]. Tutto questo rende bella e possibile – nonostante le difficoltà che non mancano – la vita di ogni giorno. Il tema di questo corso: L’ACCOGLIENZA CHE RIVELA L’ALTRO È un titolo suggestivo e provocante per me come persona, per noi come “case per ferie”. Mi chiedevo se l’Altro fosse da intendere con la “a” maiuscola o minuscola. Forse in tutti e due i modi e significati, perché l’altro è colui che mi sta davanti, ma è anche – e soprattutto – Colui che vuole rivelarsi attraverso di me. Se l’incontro con il Volto dell’ALTRO si gioca sull’accoglienza, abbiamo una grande responsabilità, particolarmente nel nostro servizio specifico. Una seconda provocazione mi viene dallo slogan contenuto nel logo del giubileo … ed è altrettanto forte: PELLEGRINI DI SPERANZA. Allora i “pellegrini” del giubileo saranno e sono “cercatori di speranza”. E noi abbiamo la missione di rivelare loro il volto dell’ALTRO, cioè di colui che “solo” apre il cuore alla Speranza, con lo stile della nostra ACCOGLIENZA. Diversamente non avrebbe senso il nostro essere e il nostro fare. Perché…. le case per ferie non sono un albergo, ma sono case ospitali dalle porte sempre aperte, talvolta possono essere “locande” dove il pellegrino ferito trova ristoro, sono “tende” che si allargano per accogliere tutti con cuore aperto, sono “oasi di ristoro” nell’andare verso la méta che è l’INCONTRO con l’ALTRO. La qualità dell’accoglienza è data dalle piccole cose, dalle cose semplici, dall’attenzione all’altro fatta anzitutto di “ascolto”, di cuore ospitale, attento a cogliere il desiderio più vero fino a permettere all’altro di sentirsi a “casa”. Così si esprime il documento di lavoro per la tappa continentale del Sinodo in atto: “Allarga lo spazio della tua tenda” al n 32: “L’ascolto richiede di riconoscere l’altro come soggetto del proprio cammino. Quando riusciamo a farlo, gli altri si sentono accolti, non giudicati, liberi di condividere il loro cammino spirituale”. L’accoglienza richiama Prossimità che si esprime nella vicinanza concreta a “chiunque ha bisogno di me e io posso aiutarlo” (cf Benedetto XVI, Deus Caritas est, n. 15); Figliolanza cioè la percezione/consapevolezza che ciascuno è “figlio” dell’unico Padre “nostro” Fraternità perché l’altro è mio fratello e noi siamo “fratelli tutti” Allora “accogliere” è essere porte giubilari, cioè porte di misericordia; ”locande aperte” sulla strada da Gerusalemme a Gerico; “tende” che allargano i loro paletti e diventano spazi di incontro senza barriere (Is 54,2), luoghi di inclusione, è essere persone che convertono i loro atteggiamenti e le strutture. Tutto comincia dall’”ascolto” perché – dice ancora il documento “Allarga lo spazio… al n. 32: «Non ascoltare porta all’incomprensione, all’esclusione, all’emarginazione. Come ulteriore conseguenza, si creano chiusura, semplificazione, mancanza di fiducia e paure … … la fuga dall’ascolto sincero potrebbe derivare dalla paura di doversi impegnare …». Mons. Galantino in un suo intervento tenuto a Fiesole il 10 novembre 2017 afferma che: Al fondamento dell’accoglienza per noi cristiani c’è una valenza teologica che in ultima analisi è l’agire di Dio. “In questo senso è possibile parlare di una dimensione teologale dell’accoglienza. La teologia, infatti, è lo sguardo della fede che permette di accostare la realtà di Dio presente nella storia degli uomini, interpretandola come storia di salvezza”. In questo senso possiamo dire che accogliendo l’altro, – anche senza saperlo come Abramo alle querce di Mamre – accogliamo Dio. E quando Dio entra nella nostra casa, porta sicuramente la sua promessa di vita e di speranza. Nell’accogliere bisogna agire con discernimento, ma soprattutto bisogna superare il giudizio o il pre-giudizio! Perché l’altro è unico al mondo, prezioso agli occhi di Dio. Occorre vedere l’altro oltre le apparenze, occorre vedere con il cuore, occorre “perdere tempo”. …queste riflessioni mi hanno fatto tornare alla mente una pagina del “Il piccolo principe”, di Antoine de Saint Exupèry. Se non vi dispiace vorrei leggere questo frammento di dialogo tra la volpe e il piccolo principe, che ritengo interessante. Lo intitolerei così: ACCOGLIERE è PERDERE TEMPO PER L’ALTRO Disse la volpe al piccolo principe: “Va a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo”. “Quando ritornerai a dirmi addio ti regalerò un segreto”. Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose. “Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente”, disse. ”Nessuno vi ha addomesticato e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico e ne ho fatto per me unica al mondo”. E le rose erano a disagio. “Voi siete belle, ma siete vuote”, disse ancora. “Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiato. Perché ho messo lei sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche tacere qualche volta. Perché è la mia rosa” E ritornò dalla volpe. ” Addio”, disse. “Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. ” L’essenziale è invisibile agli occhi”, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo. “E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”. “E’ il tempo che ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il piccolo principe per ricordarselo. “Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa… “ “Io sono responsabile delle mia rosa” ripetè il piccolo principe per ricordarselo. Tra le tante icone bibliche, e particolarmente evangeliche, che ci parlano dell’accoglienza, mi piace ricordarne una: quella della casa di Betania. C’è una casa che diventa luogo ospitale; c’è Gesù, l’ospite per eccellenza (ospitato e Ospite nello stesso tempo); ci sono due donne: Marta e Maria che, accogliendo Gesù, accolgono anche i suoi discepoli in cammino con Lui. In questa pagina ci sono molte indicazioni per lo stile della nostra accoglienza. Il fare operoso (indaffarato e affannato) di Marta, tutta presa dai molti servizi… è chiamato a confrontarsi con lo “stare” di Maria che, seduta ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. E Gesù indica la “parte migliore” che – a mio parere – è data dall’essenziale, dalla sintesi, dall’unificazione profonda tra il fare e l’essere, tra la contemplazione e l’azione, dall’incontro “frontale” che penetra in profondità e genera una relazione “cordiale”. Così nell’accoglienza ospitale le mani e i piedi di Marta devono lasciarsi muovere e trasfigurare dagli occhi e dal cuore di Maria. In tal modo tutta la casa sarà riempita dal “profumo” della bellezza, della gratuità, della “Presenza”. Il mio Padre Fondatore, san Giovanni Antonio Farina, pensando alle sue Suore impegnate nelle opere della carità (nell’educazione e nell’assistenza), ci sognava “contemplatrici segrete”, ma “operose nel servizio”, donne consacrate con “cuore ed opere di madri”, capaci di dare tutto per la gloria di Dio e la gioia del prossimo. Così è stata Suor Bertilla Boscardin, nella sua breve ma intensa vita di santità. Una “piccola fiamma” che si consumava per amore, e faceva dire a chi la osservava: “qui c’è Gesù”! Se anche noi assumeremo questo stile nel servizio di accoglienza l’ospite – cioè l’altro (con la a minuscola), potrà “vedere oltre” e percepire la presenza dell’Altro (con la A maiuscola) che si rende presente in mezzo a noi. E concludo con un ricordo personale: Qualche giorno fa – tra gli auguri di compleanno che mi sono arrivati sulla pagina fb, – ho gradito particolarmente quelli di Maria Antonietta, che è stata ospite con suo marito nella nostra casa qualche anno fa. Scriveva così: “Ci siamo conosciuti e visti per pochi giorni, ma lei è rimasta nel nostro cuore”. Mi auguro che nel cuore di Maria Antonietta e della sua famiglia, – di ogni ospite che sosta anche solo per qualche giorno nelle nostre case – rimanga il sapore buono dell’accoglienza, quella che “rivela il Volto e il Cuore dell’ALTRO”. Sarà un semplice tassello di SPERANZA! Roma 25 gennaio 2024 Suor Paolina Sgarbossa SDVI Casa per ferie “Casa Santo Rosario”